japan is an island

domenica 30 gennaio 2011

Japan!


Sono passati già quattro anni, quando, sul seminalissimo blog (purtroppo abbandonato) del Bar Sport parlavo della Coppa Asia vinta ignominiosamente dall'Irak.

Quattro anni dopo, sebbene non abbia potuto seguire la competizione come avrei voluto (purtroppo la maggior parte delle partite erano piazzate in orario di lavoro, soprattutto quelle del mio amato Giappone), sono riuscito a piazzarmi ieri davanti al televisore per vedere la diretta della finale, che contrapponeva (come da pronostico) i samurai blu di Zaccheroni all'Australia (sì, perché dopo aver umiliato le nazionali "scalze" degli atolli ocenanici l'Australia ha traslocato in Asia) di... (ricerchina su wikipedia) Holger Osieck.

Considerazioni preliminari: finalmente in Giappone si sono convinti ad assoldare un commissario tecnico in grado di dare un apporto tattico non indifferente: un italiano. Quattro anni fa ironizzavo sul fatto che il loro vecchio (in tutti i sensi) c.t. Ivica Osim (classe 1941) li avrebbe portati ai mondiali se fosse sopravvissuto, causa raggiunti limiti di età: o porto sfiga o avevo ragione, perché nel mentre il tizio ha avuto un ictus e ha dovuto lasciare la panchina a Okada, già c.t. nel 1998. Insomma, un giapponese, con tutti i pregi (?) e i difetti che un allenatore giapponese possa avere.

Kagawa, una delle stelle di questa Coppa Asia,
si è purtroppo fratturato il cervello (e il piede),
terminando la stagione. Sarà contento il Dortmund!


Zaccheroni, dal canto suo, sebbene non sia più così in auge nel vecchio continente, e non sappia (presumo) una parola di giapponese, è riuscito in poco tempo a portare una mentalità nuova alla nazionale, guidandola nella storica vittoria (seppure amichevole) contro l'Argentina di Messi, e cercando di costruire un gruppo giovane (da qui l'accantonamento, secondo me giusto, di Nakamura) che possa presentarsi ai prossimi mondiali brasiliani con la giusta esperienza internazionale e una scaltrezza tattica che finora è stato il tassello mancante di una nazionale altrimenti ben dotata tecnicamente. Perché, è bene ricordarlo, il centrocampo del giappone molte nazionali di ottimo livello (tra cui l'italia) se lo sognano: a parte Endo (che forse è troppo "vecchio" per sbarcare in Europa, ma che avrebbe tutte le qualità per farlo), Hasebe, Kagawa, Honda e, in minor misura, Matsui sono giocatori stabilmente impiegati (e spesso decisivi) nelle loro squadre europee, e hanno vinto (o vinceranno, nel caso di Kagawa) anche campionati ormai più importanti di quello italiano (Bundesliga).

Il grande assente Morimoto,troppo occupato
a perdere partite su partite con il Catania

La partita: Detto del forte centrocampo giapponese, la finale di Coppa Asia (e tutto il percorso nella manifestazione) ha mostrato ancora una volta i limiti di questa squadra: la mancanza di autorevolezza del reparto difensivo (i centrali sono inguardabili, purtroppo, e anche se il portiere non si è comportato malaccio, è sempre a rischio papera) e la latitanza di killer istinct in attacco: Maeda e Okazaki saranno degli attaccanti mobili e coordinati, ma non hanno il fisico e la cattiveria per poter far male in qualsiasi momento. E anche il grande assente Morimoto (giovane promessa del calcio giapponese, fatto operare "strategicamente" dal Catania per sottrarlo alle fatiche asiatiche) stenta ad acquisire quel guizzo da animale che ne farebbe un giocatore importante (mandatelo al doposcuola da Inzaghi!). Il copione della partita, quindi, è stato questo: grande propositività del Giappone, frenata però dalla fisicità degli Australiani, che qualche volta si sono resi pericolosi sfruttando le doti aeree e la poca agilità dei centrali avversari. Arrivati ai supplementari, Zac ha il colpo di genio per svoltare la partita: passare alla sua cara difesa a tre e spostare i laterali difensivi (Uchida e Nagatomo, rivelazione della Serie A col Cesena, seguito da Milan e adesso dalla Juve) sulla linea dei centrocampisti. Il risultato è una costante pressione che scardina gli ormai sfiniti socceroos, soprattutto sulla fascia sinistra presidiata da un maestoso Nagatomo. Che, all'inizio del secondo tempo supplementare, traccia una parabola precisa verso il centro dell'area australiana, dove Lee (un coreano nato a Tokyo e diventato giapponese: così si fa!) fa tutto quello che Maeda (che nel mentre gli ha lasciato il posto) non è riuscito a fare: la mette dentro con una coordinazione incredibile, dopo che i centrali che dovevano marcarlo hanno deragliato verso il fondo area per non si sa quale motivo.



E il giappone, imbeccato tatticamente dal saggio Zac, porta a casa la sua quarta Coppa Asia.
Next stop: partecipazione (da "ospiti") alla prossima Copa America, a luglio: alla conquista dell'Argentina!

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