Cercherò di essere il più sincero possibile, il più diretto possibile, e il meno presuntuoso possibile.
E cercherò anche di non tediarvi oltre al necessario.
Io a essere selezionato per il Vulcanus ci tenevo e ci speravo, davvero. Perché pur non essendo un otaku o un monomaniaco dell cultura nipponica, io e il Giappone ci studiamo da anni, ci prendiamo le misure, ci osserviamo e ci amiamo platonicamente, come due ragazzini delle elementari al primo fidanzamento. La colpa sarà magari della cultura pop giapponese, che tramite manga, anime e videogiochi ha contaminato irreversibilmente l'infanzia di chiunque faccia parte della generazione y (un modo stupido come un altro per indicare i nati a cavallo degli anni '80), inserendo nella mente di tutti noi watermark nascosti della sua parte più esteriore e artefatta, forse meno genuina ma sicuramente molto suggestiva.
Il Giappone, per me, è innanzitutto uno stato mentale, inserito steganograficamente nel mio subconscio tramite un processo di formattazione piscologica durato per tutta l'infanzia e per gran parte dell'adolescenza. E' la fantascienza applicata alla vita quotidiana, è l'avere a che fare con ragazze dello spazio, è l'innamorarsi di una cyborg coi capelli verdi.
Lascerò perdere i discorsi relativi a cosa avrebbe significato vivere e lavorare 12 mesi in Giappone per il mio curriculum accademico/lavorativo. Credo si possa tranquillamente capire quanto avrebbe potuto essere proficua un'esperienza del genere.
Chiunque abbia un minimo di dimistichezza col Giappone magari rabbrividirà di fronte alla pochezza e alla banalità di queste spiegazioni e degli stimoli che mi hanno spinto a fare domanda, ma vi assicuro che i miei interessi verso la cultura giapponese non si fermano qui. E in ogni caso sono i miei stimoli, e me li tengo stretti.
Ma se dovessi indicare UNA ragione per cui volevo andare in Giappone, direi sicuramente perché sono cresciuto coi loro prodotti di intrattenimento, e mi hanno lasciato qualcosa che va oltre il divertimento. La voglia di vedere quelle luci, di conoscere quella gente, di vivere in quel paese che sembra un po' il futuro, un po' il passato, un po' qualcosa che suppongo non puoi neanche capire, se non sei lì a provarla.
In questo momento mi sento scemo perchè sono veramente parecchio giù, come se una ragazza mi avesse mollato (via mail, per giunta!). Ovviamente sto esagerando, la mia vita non cambierà affatto in peggio, anche se sento come se avessi perso un'occasione di quelle che nella vita ti capitano una volta sola.
Il Giappone per me continuerà a essere uno stato mentale, quell'isola che, parafrasando la canzone che da il titolo al blog, si trova aldilà del mare, dove non sono mai stato ma di cui mi hanno raccontato.
A questo punto, il miglior servizio che si possa fare a questo blog è chiuderlo, e considerarlo un'esperienza bislacca, ma con i suoi lati positivi. Questo blog mi ha fatto conoscere delle persone molto simpatiche, disponibilissime ad aiutarmi, persone che pur non avendo mai conosciuto, non esiterei a definire potenziali amici, se solo ci fossimo conosciuti di persona e in altre circostanze. C'è sempre tempo, credo, se il destino vorrà darci una mano.
Non mi resta che ringraziare loro (Emanuele, Nino, Silvia, Federica) e tutti gli altri, i miei amici in carne ed ossa e quelli "dei fumetti" (che in carne -tanta- e ossa li vedo sì, ma meno di quanto vorrei), quelli che sono capitati qui per caso e quelli che non ci capiteranno mai.
Se avete anche solo per un momento sperato per me, vi devo qualcosa. A buon rendere!
E cercherò anche di non tediarvi oltre al necessario.
Io a essere selezionato per il Vulcanus ci tenevo e ci speravo, davvero. Perché pur non essendo un otaku o un monomaniaco dell cultura nipponica, io e il Giappone ci studiamo da anni, ci prendiamo le misure, ci osserviamo e ci amiamo platonicamente, come due ragazzini delle elementari al primo fidanzamento. La colpa sarà magari della cultura pop giapponese, che tramite manga, anime e videogiochi ha contaminato irreversibilmente l'infanzia di chiunque faccia parte della generazione y (un modo stupido come un altro per indicare i nati a cavallo degli anni '80), inserendo nella mente di tutti noi watermark nascosti della sua parte più esteriore e artefatta, forse meno genuina ma sicuramente molto suggestiva.
Il Giappone, per me, è innanzitutto uno stato mentale, inserito steganograficamente nel mio subconscio tramite un processo di formattazione piscologica durato per tutta l'infanzia e per gran parte dell'adolescenza. E' la fantascienza applicata alla vita quotidiana, è l'avere a che fare con ragazze dello spazio, è l'innamorarsi di una cyborg coi capelli verdi.
Lascerò perdere i discorsi relativi a cosa avrebbe significato vivere e lavorare 12 mesi in Giappone per il mio curriculum accademico/lavorativo. Credo si possa tranquillamente capire quanto avrebbe potuto essere proficua un'esperienza del genere.
Chiunque abbia un minimo di dimistichezza col Giappone magari rabbrividirà di fronte alla pochezza e alla banalità di queste spiegazioni e degli stimoli che mi hanno spinto a fare domanda, ma vi assicuro che i miei interessi verso la cultura giapponese non si fermano qui. E in ogni caso sono i miei stimoli, e me li tengo stretti.
Ma se dovessi indicare UNA ragione per cui volevo andare in Giappone, direi sicuramente perché sono cresciuto coi loro prodotti di intrattenimento, e mi hanno lasciato qualcosa che va oltre il divertimento. La voglia di vedere quelle luci, di conoscere quella gente, di vivere in quel paese che sembra un po' il futuro, un po' il passato, un po' qualcosa che suppongo non puoi neanche capire, se non sei lì a provarla.
In questo momento mi sento scemo perchè sono veramente parecchio giù, come se una ragazza mi avesse mollato (via mail, per giunta!). Ovviamente sto esagerando, la mia vita non cambierà affatto in peggio, anche se sento come se avessi perso un'occasione di quelle che nella vita ti capitano una volta sola.
Il Giappone per me continuerà a essere uno stato mentale, quell'isola che, parafrasando la canzone che da il titolo al blog, si trova aldilà del mare, dove non sono mai stato ma di cui mi hanno raccontato.
A questo punto, il miglior servizio che si possa fare a questo blog è chiuderlo, e considerarlo un'esperienza bislacca, ma con i suoi lati positivi. Questo blog mi ha fatto conoscere delle persone molto simpatiche, disponibilissime ad aiutarmi, persone che pur non avendo mai conosciuto, non esiterei a definire potenziali amici, se solo ci fossimo conosciuti di persona e in altre circostanze. C'è sempre tempo, credo, se il destino vorrà darci una mano.
Non mi resta che ringraziare loro (Emanuele, Nino, Silvia, Federica) e tutti gli altri, i miei amici in carne ed ossa e quelli "dei fumetti" (che in carne -tanta- e ossa li vedo sì, ma meno di quanto vorrei), quelli che sono capitati qui per caso e quelli che non ci capiteranno mai.
Se avete anche solo per un momento sperato per me, vi devo qualcosa. A buon rendere!